[RECENSIONE] Metal Gear Solid HD Collection

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    Metal Gear Solid 2: Sons of Liberty




    Dicono che sia stato il capitolo peggiore della serie, che abbia perso lo smalto del suo predecessore, che abbia “dato il la” agli sfoghi artistici di Hideo, chiaramente superiori in numero e durata. Sarebbe poco saggio smentire del tutto queste voci, ma ad anni di distanza dal rilascio ci sembra opportuno rendere a Metal Gear Solid 2 i meriti che ha avuto.
    Dopo un primo capitolo semplicemente sublime, non era facile reggere il peso delle aspettative. A livello di Gameplay, tuttavia, Kojima ha saputo espandere all'inverosimile la sua creatura, gettando di fatto le basi per uno stealth game di nuova generazione, ulteriormente approfondite poi con le camo suit del terzo capitolo. Ripercorrendo i corridoi della nave su cui si trova Solid Snake all'inizio dell'avventura, si viene assaliti da una nostalgia dolce, mentre nella nostra memoria riaffiorano immediatamente le planimetrie, percorse più e più volte nella Demo giocabile inclusa nel disco di Zone of the Enders. Arrivare alle spalle di un nemico e vederlo arrendersi sotto la minaccia di una pistola, stordire gli avversari e nascondere i corpi all'interno degli armadietti, e poi sfruttare la visuale in prima persona per esaminare attentamente gli ambienti, sono tutte azioni che oggi ci sembrano naturali, ma che di fatto furono introdotte con il secondo episodio.
    E sarebbe scorretto dire che Sons of Liberty è invecchiato bene: la rigidità del gameplay, i movimenti ancora ingessati del protagonista, le routine comportamentali facili da intuire ed aggirare, sono tutti dettagli che rivelano impietosamente l'età di questo titolo. Ma sul valore fondante di Metal Gear Solid 2 c'è poco da discutere: resta ancora oggi palese, nonostante molte nuove leve possano trovarsi un po' spiazzate a giocare il titolo senza un approccio -per così dire - “filologico”.
    Ed in effetti si ha come l'idea che Sons of Liberty sia come un prodotto che aveva tratto enormi benefici dal contesto in cui era uscito, dalla brillante operazione metaludica che Kojima aveva allestito. Dopo una Demo il cui resoconto aveva fatto il giro del pianeta, giocata davvero da chiunque si definisse gamer appassionato, il gioco beffava il fruitore cambiando per sempre protagonista. Proponendoci quel Raiden un po' effeminato, insicuro, poco deciso, vera e propria nemesi di molti fan.
    Evidente in Metal Gear Solid 2 è anche l'estroso comparto narrativo, spesso tanto stravagante da sfiorare il nonsense. Nel corso dell'avventura si trova un Vampiro che danza un rapido tango mortale, una donna talmente fortunata da deviare le traiettorie dei proiettili, e tante situazioni così irreali e allucinate che viene da chiedersi se Kojima non voglia farsi beffe del giocatore. Ma non è quello il problema principale di Sons of Liberty: piuttosto è l'estesa lunghezza dei filmati d'intermezzo, ancora oggi davvero troppi perchè in certi momenti la progressione non appaia leggermente diluita. Eppure alla fine, tutto torna, tutto acquisisce un senso. Le insistenti telefonate di Rose, una fidanzata che ci assilla coi dubbi esistenziali di questo rapporto di coppia appena sussurrato, il fare sbrigativo del colonnello, i boss inverosimili. Cadute di stile a parte (Fatman), alla fine si capisce che con Sons of Liberty Kojima allestisce un ampio discorso sul videogioco a tutto tondo. Raiden non si nasconde soltanto dai nemici: sfugge ad una situazione oppressiva, a una realtà di coppia che tuttavia lo insegue, lamentosa; e si trova in un mondo persino surreale, senza accorgersi di essere anche qui costretto entro confini ben limitati: quelli del game desing. L'ultima parte dell'avventura è un perfetto capolavoro di metavideogame. “Fission Mailed” è un sintagma marchiato a fuoco nel nostro cervello, e la rivendicazione di una libertà esistenziale da parte di un colonnello “corroso” una conclusione da brividi. Il lancio di una medaglietta chiude il cerchio su un titolo che non avrebbe potuto trovare altre forme, e pianta un seme nel cuore di molti videogiocatori, che germoglierà -probabilmente- sulle note di Something in My Throat, anni più tardi.
    Dal punto di vista tecnico, questa riedizione in HD non può far troppo per nascondere le rughe di un impianto poligonale francamente molto povero. Le texture in alta definizione, il supporto ai 16:9 sono quello che basta per rigiocare senza patemi Sons of Liberty sui televisori moderni, dalla diagonale più ampia, senza sperare di fare miracoli.



    Metal Gear Solid 3: Snake Eater



    Non c'è un singolo momento, nella mia attiva vita di recensione videoludico, di cui mi penta del Perfect Score che Snake Eater si è meritato senza riserve.
    Metal Gear Solid 3 è semplicemente il miglior capitolo della serie, il migliore stealth game della generazione cui appartiene, ed un titolo che fa parte dell'ideale canone videoludico che si dovrebbe tramandare ai futuri giocatori.
    Con un salto temporale di oltre quarant'anni, Kojima ci riporta ai tempi della guerra fredda, ben prima di quell'Outer Heaven che dette origine a tutto quanto: alla Foxhound, ed al sogno indipendentista di Big Boss.
    E proprio grazie al fatto che in fondo tutti i fan sanno “cosa è successo dopo”, la trama si diverte a stuzzicare continuamente l'utente, giocando con il suo orizzonte d'attesa. Il plot è un vortice interminabile di situazioni eterne. Al valore di un nuovo soldato, sensibile alla disciplina delle gerarchie e pieno di rispetto per ordini e superiori, si oppone la stanca visione dei veterani, che la guerra hanno imparato a leggerla, oltre che a viverla. Alla strana storia d'amore che sembra prendere forma, ma mai fino in fondo, sotto i nostri occhi, si affianca il senso della pesante futilità del conflitto. Tutto concorre, in uno svolgimento ampio e regolato, senza gli eccessi del secondo episodio, a formare un'impalcatura narrativa che sostiene il maestoso finale, che impatta sulla coscienza del videoplayer con la stessa forza di una pallottola al cervello.
    Dopo Metal Gear Solid 3, in un modo o nell'altro, non sarete più gli stessi.
    Dal punto di vista del Gameplay si segnalano innumerevoli novità, che rendono molto più movimentata la progressione. La Camo Suit permette di mimetizzarsi al meglio nell'ambiente circostante, per evitare gli sguardi indiscreti dei nemici. Il “passo felpato”, regolato dalla croce direzionale, ci conduce in assalti silenziosi all'interno dei complessi militari che affollano l'improbabile giungla russa. E proprio il rapporto con questo ambiente aperto, pieno di piante, di animali da cacciare, di materie prime per allestire cure di fortuna, rappresenta la chiave dell'empatia che si instaura fra Big Boss ed il giocatore. Ci sono certi aspetti che avrebbero potuto essere gestiti in maniera diversa: l'accesso continuo ai menù di gioco, di tanto in tanto, allenta i ritmi. Ma d'altro canto si viene invasi da una marea di situazioni memorabili, da far invidia persino al primo Metal Gear Solid. Ci sono Boss Fight estenuanti (fra i più belli dell'ultima decade), viaggi allucinati nel regno dei morti, momenti sinceramente toccanti. Ogni dettaglio, dal brano cantato della colonna sonora che viola brutalmente il patto tacito per la “sospensione dell'incredulità”, alle note riarrangiate del tema originario, fino all'attesa spasmodica per il momento in cui Big Boss dovrà indossare la sua benda, tutto è sfruttato per accompagnare il giocatore in un viaggio indimenticabile.
    La riedizione in HD rende decisamente merito al lavoro di potente ottimizzazione che fu eseguito sul motore di gioco, proponendoci i vasti scenari di Snake Eater al loro meglio, con una buona texturizzazione ed una stabilità del framerate sconosciuta al capitolo Playstation 2. La telecamera libera, mutuata in verità dalla “special edition” Subsistance, permette di pianificare meglio l'infiltrazione, ed in generale la “vecchiaia” di Snake non pesa troppo sulla fruibilità del gioco.
    Sempre da Subistance arrivano anche le versioni integrali dell'originale Metal Gear e del suo diretto seguito, usciti su MSX dall'87 in poi. Giocarli oggi è solo una genuflessione al retrogaming più spinto, ma scoprire che “in nuce” Kojima aveva definito l'estetica ed il focus dei suoi prodotti un decennio prima che questi trovassero la loro forma definitiva, getta una nuova luce su quanto potesse essere visionario il giovane Hideo.




    Metal Gear Solid: Peace Walker



    L'ultimo dei titoli inclusi in questa HD Collection è Peace Walker, uscito nel corso del 2010 su Playstation Portable. Si tratta dunque del titolo che ha il valore storico e affettivo minore. Ambientato dieci anni dopo il terzo capitolo, Peace Walker ci riporta nei panni di Big Boss, intento ad inseguire il suo sogno di un'organizzazione militare indipendente dalla sovranità degli stati. Purtroppo a livello di trama la magia di Metal Gear Solid 3 si ripete solo in parte, nonostante l'ottimo svolgimento narrativo, trascinante e ben ritmato ma meno emotivo dell'ideale predecessore.
    Per quel che riguarda il Gameplay, Peace Walker mescola l'impianto ludico di base on le conquiste di Portable Ops, concedendo a Big Boss la facoltà di reclutare e gestire il suo esercito personale, barcamenandosi poi in una serie di missioni principali e secondarie dalla durata molto esigua, che rappresentano i vari tasselli di una progressione frammentata, ma mai stanca.
    Eppure è inevitabile registrare che la produzione sembra quasi avere il “fiato corto”: gli manca il respiro dei capitoli per Home Console. Non latita invece una generale compostezza dell'azione, una buona longevità, ed un bellissimo impianto artistico, tanto che ancora oggi Peace Walker resta uno dei migliori videogiochi per Playstation Portable. Questa versione guadagna anche qualche punto per la presenza del doppio analogico, che aiuta nelle operazioni di mira. Eppure, diversamente da quanto è accaduto con i due capitoli portatili di God of War, perfettamente a proprio agio anche sullo schermo della Tv di casa, Peace Walker sembra limitato, timido, in disparte. Sarà il fatto che tutte le feature che ne hanno reso interessante il gameplay e persino la struttura stessa dell'avanzamento, erano evidentemente pensate per una fruizione portatile.
    Il sistema transfarring permette a chi sia già in possesso della copia PSP di importare i propri salvataggi sulla console di casa, semmai per riprendere l'avventura o testare l'influenza del doppio stick analogico. A livello di ottimizzazione tecnica il lavoro è buono, ma la qualità complessiva di Snake Eater resta superiore, soprattutto per la più incisiva vastità delle ambientazioni.
    Peace Walker, insomma, resta l'anello debole di questa collection, ma vista l'importanza centrale degli avvenimenti che tratta, chi lo ha dimenticato per strada ha un'ottima occasione per recuperalo.





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  2. ZannaNera-
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    Peace Walker è bellissimo
     
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  3. Xx PIR4TE xX
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    CITAZIONE (ZannaNera- @ 18/2/2012, 19:00) 
    Peace Walker è bellissimo

    quello della psp :) stupendo.
     
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  4. Andrea Dovakhiin
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    Mi consigliate Peace Walker a 20 € ?
     
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  5. ^Vegeta^
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    si
     
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4 replies since 30/1/2012, 18:16   34 views
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